Milano, 11 maggio 2016 - 00:00

Fotovoltaico: diniego di autorizzazione paesaggistica deve avere motivazioni stringenti

La Soprintendenza deve farsi carico della complessità degli interessi coinvolti (paesaggistico, ambientale, economico, ecc.) e non può limitarsi a una generica contrapposizione interesse pubblico/interesse privato.

Con sentenza n. 1201 del 23 marzo 2016, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello avverso una sentenza, con cui il TAR Piemonte aveva accolto il ricorso proposto dal titolare di un'azienda vitivinicola contro il parziale diniego di autorizzazione paesaggistica. Tale diniego era stato prodotto dalla competente soprintendenza nel procedimento di sanatoria edilizia di un piccolo impianto fotovoltaico collocato sul tetto dei fabbricati agricoli aziendali.

In primo luogo, secondo i Giudici, le motivazioni dell'eventuale diniego di autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di un impianto a fonti rinnovabili "devono essere particolarmente stringenti, non potendo a tal fine ritenersi sufficiente che l'Autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico rilevi una generica minor fruibilità del paesaggio sotto il profilo del decremento della sua dimensione estetica".

Infatti, il giudizio di compatibilità paesaggistica relativo a un impianto a fonti rinnovabili "non può limitarsi a rilevare l' oggettività del novum sul paesaggio preesistente" e ad un esame "della ordinaria contrapposizione interesse pubblico/interesse privato, che connota generalmente il tema della compatibilità paesaggistica negli ordinari interventi edilizi".

Occorre invece "una valutazione più analitica che si faccia carico di esaminare la complessità degli interessi coinvolti": al punto da ritenere – scrivono ancora i Giudici — che "la produzione di energia elettrica da fonte solare è essa stessa attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici (in particolare, consentendo l'esercizio di un'agricoltura sostenibile e la conservazione dell'ecosistema, entrambe precondizioni alla conservazione del paesaggio rurale)".

Infine, se si tiene anche conto delle piccole dimensioni dell’impianto fotovoltaico (per di più integrato sul tetto) e del fatto che questo è posto a servizio di un'azienda agricola, la cui attività costituisce essa stessa presidio per la salvaguardia dei valori ambientali e della diversità territoriale, "il diniego opposto dalla autorità soprintendentizia appare di dubbia legittimità".

Per ogni ulteriore approfondimento, consigliamo di consultare la sentenza del Consiglio di Stato, nei riferimenti qui in basso.